venerdì, ottobre 23, 2015

Running over the same old ground. What have we found?



Se c'è una cosa che la televisione ha fatto, anche discretamente bene, è inculcarci tutta una serie di stereotipi e archetipi sentimental/melodrammatici. Quando guardiamo una commediola americana, sappiamo dal secondo fotogramma e mezzo qual è la morale spicciola a cui ci condurrà tutta la storia: il bene trionfa sul male, i genitori a volte sono un po' rompiballs ma ti vorranno sempre bene, chi fuma è malvagio e le cheerleader bionde non sono mai molto intelligenti... E poi c'è la mia preferita: capisci l'importanza di una persona solo dopo averla persa.
Parliamone.
Posso capire che tale epifania accadesse negli anni 80, quando le commedie per teens erano ancora agli albori, ma adesso? Siamo cresciuti bombardati da canzoni, cartoni animati, film, libri con vampiri scintillanti e talk show irritanti, tutto ciò per essere messi in guardia sul valore nascosto di chi ci sta vicino e c'è qualcuno che ancora non lo sa?? Viviamo sullo stesso pianeta? Qualcuno che abbia visto sex and the city è rimasto forse sorpreso che Mr Big sia andato a raccattarsi Carry a Parigi? No! Era ovvio che resosi conto della cavolata fatta sarebbe corso ai ripari! Lo sapevamo tutti.
Ma allora se da spettatori è palese perchè è così difficile da interiorizzare sul serio?Perché ci ostiniamo a commettere quegli errori che, fatti da un attore in televisione, ci portano a parlare con lo schermo e a farci esclamare "Ma sei idiota?".
La vita è imprevedibile. A volte ci sono seconde possibilità, altre volte no, non possiamo saperlo, ma quello che sappiamo per certo è che di vita ne abbiamo una sola, dobbiamo tenere vicino chi amiamo e fare le scelte che possono renderci felici. Vedere il lieto fine del film e fare ciò che è in nostro potere per realizzarlo. Non ci sono secondi ciak, non si riavvolge e si ricomincia. Si può imparare da quello che è stato e fare cose diverse.



Perciò io maledico il modo in cui sono fatto
Il mio modo di morire sano e salvo dove m'attacco

mercoledì, ottobre 14, 2015

Io non tremo. E' solo un po' di me che se ne va.

Inizi ad ascoltare musica e tutto a un tratto ti senti un po' filosofa. L'ora è tarda e le canzoni sono di  un rock cupo, spaventato e fragile e finisce che ti senti cupa, spaventata e fragile anche tu ma, per qualche misterioso motivo, avverti una sorta di nobiltà e purezza in quelle sensazioni. Come se essere in grado provarle ti rendesse speciale, tu che speciale non ti eri mai sentita.

 Ai deliri notturni ci sono abituata ma questa strana consapevolezza è qualcosa di nuovo. Mi sento connessa con il mondo in modo insolito...vedo segni, coincidenze...non mi dicono che andrà tutto bene, no, questo no. Ma dicono che tutto, in qualche modo andrà avanti. Le situazioni si evolvono e se non mi freno, mi evolverò anche io.

e non è certo il tempo/ quello che ti invecchia e ti fa morire/ma tu rifiuti di ascoltare ogni segnale che ti può cambiare/perchè ti fa paura quello che succederà/se poi ti senti uguale

domenica, settembre 27, 2015

Appunti del guanciale

E' un antico romanzo giapponese il cui titolo originale è Makura no Soshi. L'autrice fra quelle pagine offre una panoramica del suo mondo compilando elenchi di ciò che le piace e ciò che non le piace suddividendo il tutto in insolite categorie: Particolari stupendi di notte, cose che procurano felicità, cose vicine che sembrano lontane, situazioni preoccupanti, cose rare...
Capite? Non ha tracciato una riga su un foglio e diviso il suo universo in cose belle e cose brutte ma ha trovato centinaia di sfumature della bellezza e le ha categorizzate, e anche quando la sua penna si soffermava su aspetti meno piacevoli della vita, pure riusciva a riconoscervi una malinconia e una sorta di spirito primitivo che le caratterizzava e si manifestava tanto nelle cose quanto nelle persone, rendendo il brutto un po' meno brutto e decisamente più affascinante. Non guardava, osservava, e di ciò che osservava coglieva ogni particolare, coglieva l'essenza. Quando leggo le pagine del suo diario, ho come l'impressione che in questo modo vivesse le sue giornate più intensamente, come se le esperienze quotidiane la arricchissero di più dei suoi contemporanei e ogni istante per lei venisse dilatato all'infinito...Grande Giove, leggere il suo diario è come sentire la sua voce che rimbomba attraverso il tempo e lo spazio. Realizzare che Sei Shonagon visse mille anni fa da' il capogiro.
Visse mille anni fa, ma parla di cose che capisco, gli inverni freddi, le estati senza uguali, donne con un bimbo sulla schiena, acqua limpida, e se non lo fa, se racconta di stoffe o di sutra o di sottovesti, dice l'unica cosa che non me li fa apparire estranei.
E' un racconto fuori dal tempo. Se non fosse che non è un racconto ed è tuttavia intimamente immerso nel suo tempo.


Niente, vorrei riuscire a guardare il mondo come faceva lei.

“Perché non parli? Di’ qualcosa, sei così triste!”.
“Sto solamente contemplando il cuore della luna autunnale”.
“E’ proprio la risposta che mi attendevo da te”.